Passa la nave mia colma d’oblio La memoria e i ricordi perduti – Convegno di neuroscienze 2017
Vercelli ancora una volta Crocevia del Pensiero. Tra neuroscienze, filosofia, letteratura, poesia, quello del 2017 è stato il dodicesimo appuntamento di un percorso atteso sia dal grande pubblico che dagli studiosi, per esplorare e sondare un settore quanto mai affascinante ed attuale, affrontando e sondando temi scientifici e filosofici complessi con un linguaggio semplice e divulgativo incentrato sulle discipline del sapere viste a da molteplici prospettive.
Modificare il proprio comportamento sulla base delle esperienze passate è un aspetto fondamentale della vita in tutte le sue manifestazioni, che trova la massima espressione negli esseri dotati di un sistema nervoso nel quale l’informazione viene codificata. La neurobiologia contemporanea ci ha chiarito molti aspetti dei meccanismi coinvolti in questo processo, sfatando progressivamente il mito di una memoria come mero deposito di eventi passati. Ciò è particolarmente evidente nel caso degli esseri umani, dotati di un tipo ‘speciale’ dei memoria, la memoria episodica (memoria del dove, quando, con chi…) – una funzione all’origine della nostra capacità di costruire una autobiografia interiore, una storia di noi stessi in prima persona essenziale per la nostra identità nel tempo – come mostrano in negativo le patologie della memoria che conducono a un affievolimento e, nei casi peggiori, alla dissoluzione del Sé.
Di tutto ciò si è parlato nel convegno Passa la nave mia colma d’oblio – La memoria e i ricordi perduti che si è tenuto a Vercelli il 25 novembre 2017 presso il Seminario Arcivescovile.
L’incontro, coordinato dal dottor Piergiorgio Fossale, Presidente dell’Ordine dei Medici di Vercelli, ha visto la partecipazione dei neuroscienziati Alberto Oliverio, dell’Università la Sapienza di Roma e Stefano Cappa, dello IUSS di Pavia , che hanno parlato rispettivamente di neurobiologia e di patologia della memoria. Con loro hanno dialogato la studiosa di letteratura italiana Lina Bolzoni, della Scuola Normale di Pisa e il filosofo Michele Di Francesco, dello IUSS di Pavia. I relatori sono partiti dalla tradizione secolare dell’arte della memoria, che raggiunge nel Rinascimento le sue espressioni più spettacolari per arrivare, in un percorso ricco di spunti affascinanti, alla riflessione filosofica sul tema dell’identità personale.
Alberto Oliverio, Università di Roma La Sapienza. Neurobiologia della memoria
I neuroscienziati hanno chiarito i diversi passi attraverso cui l’informazione viene codificata e archiviata nelle trame nervose. Ciò ha portato a guardare alla memoria come a un archivio in cui vengono depositate le esperienze: un archivio duraturo responsabile delle cosiddette memorie a lungo termine, e alla base della stabilità dei ricordi, codificati e “consolidati” in forma stabile nei circuiti cerebrali. Questo principio, però, è stato posto in crisi da studi più recenti che indicano come i ricordi dipendano da un complesso lavoro di rimpasto di “frammenti” relativi a esperienze ed eventi autobiografici, il che ha portato a considerare l’immutabilità e la stabilità della memoria a lungo termine come un mito. In effetti, oltre al consolidamento esiste anche il ri-consolidamento, caratterizzato da ristrutturazioni delle precedenti esperienze. Un altro aspetto della mutevolezza e precarietà della memoria riguarda il fatto che la memoria può essere manipolata e che esistono false memorie, tanto più frequenti in un’era caratterizzata da continue esperienze mediatiche. Può perciò avvenire che le memorie, individuali o collettive che esse siano, evolvano nel tempo e si trasformino a tal punto da occultare il loro nucleo originario.
Stefano Cappa, Scuola Universitaria Superiore IUSS Pavia, Le malattie della memoria
La memoria non è una funzione unitaria, ma un insieme di strumenti differenti, che consentono di far fronte in modo articolato alla necessità biologica di registrare l’esperienza. Il sistema di memoria più complesso, forse patrimonio esclusivo della nostra specie, è la memoria episodica, responsabile della capacità di registrare, immagazzinare e recuperare quelle informazioni che sono caratterizzate da precise coordinate: dove, quando, con chi. Ricordare è un processo di ricostruzione, che dipende da molte regioni cerebrali. Un ruolo centrale è svolto dalla parte profonda dei lobi temporali, che contiene il sistema dell’ippocampo Il famoso paziente Henry Molaison, deceduto qualche anno fa, venne sottoposto ad asportazione bilaterale di questa parte del cervello, le cui funzioni erano allora poco conosciute, per trattare una forma incoercibile di epilessia, e divenne completamente amnesico, ovvero non era più in grado di formare memorie episodiche. Se sono coinvolte altre aree, come i lobi frontali, in seguito ad esempio di un trauma cranico o di un ictus, compaiono difficoltà nella precisa collocazione spaziale o temporale delle informazioni, ed i soggetti possono diventare “confusi”. Sono proprio queste aree del cervello ad andare incontro per prime a modificazioni nell’invecchiamento normale e nelle più comuni malattie della memoria, quali la malattia di Alzheimer e la demenza vascolare.
Lina Bolzoni, Scuola Normale Superiore, Pisa, I teatri della memoria
Proprio oggi, nell’età di Internet e del trionfo delle immagini, siamo in grado di capire meglio la tradizione secolare dell’arte della memoria, che raggiunge nel Rinascimento le sue espressioni più spettacolari. Come succede ad esempio nel teatro della memoria di Giulio Camillo, un personaggio eccentrico, disprezzato come ciarlatano e esaltato come uomo divino. Camillo insegue per tutta la vita il suo sogno: un teatro della memoria capace di contenere tutto il sapere, una mente artificiale, che lega insieme memoria e invenzione. A secoli di distanza, nel Novecento, un sogno analogo rinasce fra emigrati negli Stati Uniti, come nel Palazzo enciclopedico di Marino Auriti, o nelle fantastiche cattedrali di Achilles Rizzoli, che rappresentano l’interiorità delle persone amate.
Michele Di Francesco, Scuola Universitaria Superiore IUSS Pavia, Memoria e identità personale
Che cosa rende un dato individuo lo stesso al variare del tempo? Che cosa mi permette di considerare azioni e pensieri del passato come le mie azioni? Queste domande caratterizzano dal principio la filosofia moderna, con la sua enfasi su individualità e responsabilità, e conducono ad affrontare la questione del rapporto tra memoria e identità personale. Da Locke a Leibnitz, da David Hume al filosofo contemporaneo Daniel Dennett innumerevoli pensatori hanno proposto le proprie audaci congetture. Oggi questo tema è arricchito dagli straordinari sviluppi di delle scienze della mente e del cervello – che offrono lo spunto di una rivisitazione delle principali teorie filosofiche sull’origine del sé e dell’identità personale.